Commiato

È fatta, è deciso: Signore e Signori, l’Equlibrista Squilibrato lascia la scena. Lo spettacolo si è prolungato molto oltre il lecito, e nel frattempo è diventato un personaggio vecchio decrepito, e stanco; tanto stanco. Col rischio sempre più concreto di mettere un piede in fallo e precipitare. Lasciamo che si goda il meritato riposo del pensionamento. Come tutti gli artisti di strada, e soprattutto come tutti quelli che camminano su funi tese sopra la vertigine, non lascerà tracce dietro di se; se non, come lo Stregatto, un sardonico sorriso galleggiante a mezz’aria. Ringraziamo tutti coloro che in questi tanti anni ci hanno seguito: gli spettatori silenziosi, quelli che hanno applaudito, quelli che hanno fischiato e quelli che ci han voluto onorare lasciando qualche moneta nel cappello. Speriamo che le nostre acrobazie aeree siano riuscite a strapparvi almeno un sussulto, almeno un sorriso. Addio a tutti, o forse arrivederci… la fuori, chissà dove nell’Altrove. Vi auguriamo una buona vita piena di emozioni, belle o brutte che siano, perchè alla fine della fiera sono l’unica cosa che valga davvero qualcosa; a patto però riusciate a dargli un significato, altrimenti rimarranno vili patacche a riempire quei cassetti pieni di cianfrusaglie inutili, in cui non mettiamo mai il naso

Vadomecum, ovvero “Epilogo”

Che miracolo il bambù; un vuoto che sorregge il proprio peso. E non solo, un vuoto che può reggere in più anche carichi esterni notevolissimi. Ed ecco, mi sento un po anch’io come un novello Atlante, vuoto, come ogni promessa, a sostenere il peso del suo mondo, delle delusioni, dei tradimenti, dei dispiaceri, di squallore, grettezza e meschinità umani. Dei suoi oceani d’amarezza. Condannato a non potersi ribellare ma neppure arrendere, a non poter sperare ma neppure disperare. Così, nell’annichilirsi di ogni passione, di ogni emozione nel proprio opposto, eccolo il vuoto; che non vuole e non può soccombere, che non vuole e non può sottrarsi, alla stanchezza. Paralizzato dallo spazio e dal tempo incombenti, come il miracolo del bambù; quel vuoto che sorregge se stesso nella fatica immane e senza appello del vivere

* * *

Ich bin der Welt abhanden gekommen,
Mit der ich sonst viele Zeit verdorben,
Sie hat so lange von mir nichts vernommen,
Sie mag wohl glauben, ich sei gestorben.

Es ist mir auch gar nichts daran gelegen,
Ob sie mich für gestorben hält,
Ich kann auch gar nichts sagen dagegen,
Denn wirklich bin ich gestorben der Welt.

Ich bin gestorben dem Weltgewimmel,
Und ruh’ in einem stillen Gebiet.
Ich leb’ allein in mir und meinem Himmel,
In meinem Lieben, in meinem Lied.

(Friedrich Rückert)