Poveri idioti, continuano ad accapigliarsi per il colore delle tende, e non si accorgono che la casa non è più la loro
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Pietas al capezzale dell’umano
Sinistra – Recalcati: «Il nostro è un tempo senza memoria, Pasolini lo aveva capito»
Destra – La stracciona del ’68 e l’abolizione della scuola
Testa – Gli smartphone hanno distrutto una generazione?
Stomaco – Come nelle favole
Cuore – “Non c’è progresso senza memoria” (Parafrasi di anonimo)
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Ps: ammesso qualcuno mai si chiedesse quale sia il nesso tra titolo ed immagine, rifletta sul significato di pietas e sulla follia suicida dell’individualismo radicale
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Altri spunti, di sponda…
Il nuovo mondo di Salvatore Brizzi
1818. Nella nuova fattoria, ia-ia-oh
Da quando qualcuno sparse per l’aia la storia di un aquila che credeva d’essere un pollo, non ci fu più pollo che non credette d’essere un aquila
Se la libertà significa qualcosa, significa il diritto di dire alla gente ciò che non vuol sentirsi dire
George Orwell
1766. Fughe immaginarie dalla felicità virtuale
Forse mi manca un altro tempo, uno di quelli che la morte era sempre dietro l’angolo per farti capire cos’è la vita. Uno di quelli in cui ti stringevi ai tuoi vicini perchè altrimenti non saresti sopravvissuto. Uno di quelli in cui a sera ringraziavi Dio per avere un compagno accanto, dei figli sani, le braccia degli amici. Un tempo in cui il dolore univa in un amore forse poco romantico ma concreto, e la famiglia era un rifugio sicuro. Un tempo in cui le emozioni non potevano essere simulate o dissimulate. Uno di quelli in cui non dovevi cercarti per sapere chi sei, e la sedicenza non era un valore spendibile. Un tempo in cui erano mani, cuore e testa la tua ricchezza più grande, e la tua testimonianza di fronte al mondo
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1753. Autismo dei sentimenti
E’ vuoto pneumatico di interiori sigillati e ciechi, in cui all’infinito si ripetono le immagini ossessive del narcisismo; quello di chi ha perso il senso del sacro, di chi cerca disperatamente di riempirsi invece che di riempire. Non più calici preziosi e patère a contenere la comunione di carne e sangue divini, ne rituali attenti a non contaminare i templi. Rimangono solo convivi da osteria: canti goliardici, boccali sporchi e chiazze di vomito. Ed i dislessici monologhi deliranti di chi, ubriaco fradicio, ha dimenticato come si usa il linguaggio ed a cosa serve; che non ha più niente da comunicare, ne vede e riconosce attorno a se degli interlocutori. Non si celebra più la vita, ma ci si ottunde per dimenticarla e maledirla nel buio claustrofobico e deserto delle proprie anguste pareti, fatte d’egoismo e autoreferenzialità; laddove soffoca per mancanza d’aria ogni scintilla d’amore
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1592. L’estinzione degli individualisti, ovvero “L’albero degli zecchini d’oro”
Considereremmo imbecille il contadino che decidesse di mettersi in panciolle optando per tenere esclusivamente per se, divorandolo, tutto il grano di un abbondante raccolto, senza neppure conservarne una parte per una nuova semina; eppure questo è l’atteggiamento di gran parte di noi nei confronti del futuro e del prossimo. Libertà ed emancipazione sono oramai divenuti sinonimi di egoismo ed irresponsabilità, atteggiamenti che pagheremo presto al prezzo della più grande miseria: esteriore ed interiore
1547. Adiacenze, ovvero “Trappole ideali”
Una pecora rivoluzionaria si accorse un giorno di essere prigioniera, insieme alle altre, dietro un lungo steccato. Allora tanto disse e tanto fece, tanto si adoperò, sinchè non riuscì a scavalcarlo. Eccitata dalla nuova posizione, che aveva faticosamente conquistato, da quel momento non fece altro che prodigarsi nel predicare alle sue compagne, attraverso la staccionata, di quanto fosse bella la libertà, e a cercare di convincerle a seguirla. E così, infervorata e distratta, sempre gli sfuggì di esser solo finita nel recinto accanto